Con la pubblicazione del Codice dell’Amministrazione Digitale la
road map dell’innovazione è segnata. E i pagamenti sono uno snodo fondamentale
del rapporto tra burocrazia e cittadino. Il ruolo delle banche e come questa
rivoluzione verrà discussa al prossimo Salone dei Pagamenti, secondo il parere
di
Carlo Mochi Sismondi

Di Mattia Schieppati 

Se c’è un ambito in cui la rivoluzione digitale in atto potrebbe
davvero rappresentare una svolta in termini di miglioramento – sostanziale e
percepibile – dei servizi accessibili a tutti i cittadini, è quello della
Pubblica Amministrazione. Che rappresenta, però, anche, per mille e svariati
motivi, uno degli ambiti più resistenti al cambiamento. È in questa dinamica, e
con uno sguardo sempre rivolto in avanti, che si gioca da anni l’impegno di
Carlo Mochi Sismondi, ideatore (era il 1989) di Forum PA, la principale
manifestazione europea dedicata all’innovazione della Pubblica Amministrazione,
e attento osservatore e promotore di tutti quei piccoli passi che possono davvero
portare a un cambiamento nel dialogo tra cittadini e burocrazia statale e
locale. Passi che stanno diventando, da qualche anno a questa parte, una vera e
propria corsa: nonostante gli stop and go continui, l’attenzione sempre più
forte degli ultimi governi per la digitalizzazione, la stessa azione
dell’Agenzia per il Digitale, e la necessità di rispondere in maniera fattiva a
standard richiesti a livello internazionale e comunitario, stanno finalmente
innescando un vero cambiamento. Ultimo segnale di questa rivoluzione in atto,
la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 13 settembre,
dell’attesissimo CAD, il Codice dell’Amministrazione Digitale, una sorta di
road map dei metodi e procedimenti per digitalizzare la PA e delle modalità di
interazione tra cittadino (che, precisa il decreto, vuol dire “qualunque
persona fisica”), impresa (“qualunque persona giuridica”) e PA digitalizzata. A
partire proprio da quel delicato tipo di rapporto rappresentato da pagamenti e
transazioni. Nella nostra chiacchierata con Mochi Sismondi, partiamo da questa
novità. 

Il CAD segna un punto di svolta fondamentale. Quali sono le
principali ricadute di questo passaggio per la PA e quali per i cittadini?

È un punto di partenza e di
non ritorno. Da questo momento, le PA saranno obbligate ad accettare ogni tipo
di pagamento elettronico, con ogni mezzo: qualunque sia la carta; persino
quelli via Sms con credito telefonico. Il Codice introduce il concetto di “neutralità
dei sistemi di pagamento” verso la PA. Adesso alcuni sistemi escludono certi
tipi di carte, quelli di circuiti internazionali, per esempio. Ora non potrà
più essere così. La seconda novità relativa ai pagamenti è l’accettazione anche
di micropagamenti alla PA via Sms e con credito telefonico. In generale, per le
amministrazioni il Codice rappresenta un impegno alla semplificazione delle
procedure e alla standardizzazione dei processi e delle interfacce. Per i cittadini è la
certezza di poter effettuare ogni sorta di pagamento così come è per loro più
comodo.

Le PA sono pronte per implementare questo passaggio? Rispetto alla
sua esperienze, quali sono i principali ostacoli all’innovazione?

Un grosso sforzo di modernizzazione è stato fatto in molte, ma non
in tutte,
amministrazioni italiane, ma rimangono ancora
estese sacche di arretratezza. Molte amministrazioni non si sono ancora neanche
poste il problema, altre hanno aderito al nodo dei pagamenti che AgID ha messo
a disposizione, ma poi non l’hanno attivato. Come sempre gli ostacoli sono
molteplici: in primis la scarsa preparazione del personale pubblico, assunto
con altri criteri e per fare altro, in genere per adempimenti amministrativi; a
questa situazione di scarsa preparazione si assomma la scarsa o nulla
formazione in itinere che ha a disposizione un funzionario pubblico; poi c’è la
carenza di mezzi: pensare di implementare riforme così importanti a costo zero
è assolutamente velleitario; infine la scarsità dei controlli, quindi chi non fa
non rischia. 

Quali sono i settori della PA che negli ultimi anni hanno reagito
con maggiore reattività ai cambiamenti in atto?

Decisamente sono quelli a maggior contatto con il pubblico e
quindi gli enti locali, le agenzie fiscali, alcune delle aziende sanitarie,
anche se nella sanità permane uno spaventoso divario tra Nord e Sud. Il fiato
sul collo del cittadino è uno stimolo importante, ma spesso conta anche
l’innovatività del singolo dirigente che si muove, spesso a margine delle
prassi consolidate, per introdurre innovazioni di servizio e di processo. Il
fattore umano resta decisivo. Nessuna riforma si può attuare per legge o con le
norme, ma solo cambiando i comportamenti. 

Il nuovo CAD individua nella moneta elettronica il
principale strumento di pagamento delle PA. Qual è lo stato attuale dei
pagamenti elettronici e quanto le novità introdotte sono compatibili con gli
standard di sicurezza esistenti?

Per i pagamenti
elettronici della PA l’iniziativa guida è stata la realizzazione del nodo dei
pagamenti PagoPA, un ecosistema di regole, standard e strumenti definiti
dall’Agenzia per l’Italia Digitale e accettati dalla PA, da banche, poste ed
altri istituti di pagamento (prestatori di servizi di pagamento – PSP) aderenti
all’iniziativa. PagoPA garantisce a privati e aziende: sicurezza e
affidabilità nei pagamenti; semplicità e flessibilità nella scelta
delle modalità di pagamento; trasparenza nei costi di commissione. Oltre a
garantire alle
stesse pubbliche amministrazioni certezza e automazione nella riscossione
degli incassi; riduzione dei costi e standardizzazione dei processi
interni; semplificazione e digitalizzazione dei servizi. Indico, per dare
un’idea, alcuni numeri significativi: a oggi sono 14.465 le PA aderenti al
servizio Pago PA di cui 9.485 attive, con un
notevole incremento di attivazione in questi ultimi mesi. Sono 83 gli PSP e
oltre 510 mila sono state le transazioni fino ad ora effettuate. 

Qual è e quale può essere nel medio termine il ruolo delle banche
in questa rivoluzione in atto?

Le banche sono attori essenziali in questo
processo sia perché, in quanto prestatori di servizi di pagamento, sono
direttamente coinvolte, sia perché possono avere una grande parte nel processo
di digitalizzazione del Paese costruendo insieme alla PA le infrastrutture
immateriali che lo sostengono. In primis aderendo a Spid, il Sistema pubblico
di identità digitale. Spid è costituito come insieme aperto di soggetti
pubblici e privati che, previo accreditamento da parte dell’Agenzia per l’Italia
Digitale, gestiscono i servizi di registrazione e di messa a disposizione
delle credenziali e degli strumenti di accesso in rete nei riguardi di
cittadini e imprese per conto delle pubbliche amministrazioni. Insomma
garantiscono cittadini, imprese e amministrazioni dell’identità certa di un
soggetto. E’ chiaro che il sistema, se dovesse funzionare solo in ambito
pubblico, sarebbe fortemente limitato e di interesse scarso per un cittadino
che magari usufruisce di un servizio pubblico due volte l’anno, ma che accede
ai servizi bancari tutte le settimane. 

Le start-up e i newcomers del mondo Fintech (compresi grandi
attori come Facebook, Google, Apple, sempre più attivi nelle soluzioni di
pagamento) quanto e come partecipano a questo processo?

Le amministrazioni sono state spesso impermeabili alle idee, alle
innovazioni e alle offerte che sono arrivate dalle start-up. Non tanto per
cattiva volontà, quanto perché i processi di acquisto delle PA sono tarati per
le grandi imprese e per le grandi commesse. Due sono gli strumenti per cambiare
strada: trovare, anche con l’aiuto di Consip, una modalità aperta per
introdurre innovazione sul modello dell’Open Innovation, oppure rendere più
facile per le piccole aziende innovative il contatto con i grandi player. 

Guardiamo al prossimo Salone dei Pagamenti: quale sarà il tema forte relativo a pagamenti e
PA che terrà banco?

Credo che un punto di grande attenzione sarà il processo di
accompagnamento della riforma, che deve essere fatto di formazione, di
investimento sulle persone, di standardizzazione dei processi soprattutto
organizzativi, non essendoci in realtà gravi vincoli tecnologici.