Banche e big dell’Ict stanno
investendo sullo sviluppo della tecnologia alla base delle criptomonete. Un
sistema di certificazione condivisa che potrebbe far risparmiare al sistema
finanziario fino a 40 miliardi di dollari l’anno. Al prossimo Salone dei
Pagamenti quest’innovazione sarà uno dei temi centrali …

Di Mattia Schieppati    

Un consorzio (R3 Cev) che raccoglie 40 delle più
importanti banche internazionali, dagli Stati Uniti al Giappone (UniCredit e
Intesa Sanpaolo le italiane che ne fanno parte), sta lavorando da settembre
2015 a definire uno standard per farla diventare linguaggio comune in ambito
interbancario; una galassia di agguerritissime start-up del settore FinTech che
hanno fiutato l’affare e stanno sviluppando codici e tecnologie; i big dell’Ict
e dell’informatica – da Microsoft a Ibm – che ci stanno dedicando risorse e
potenza di calcolo e ragionano già di “blockchain as a service”.
Qualcosa di grosso, insomma, sta succedendo.

Dopo che, come degli stolti, abbiamo
guardato per anni il dito, ecco che finalmente abbiamo cominciato a guardare la
luna. È partendo dall’antico motto che si può cercare di spiegare come dal
grande can can sollevato – a livello mediatico – sul tema del Bitcoin, si sia
ora finalmente passati a mettere al centro della discussione quello che è il
vero grande valore aggiunto portato dalla diffusione delle criptomonete: ovvero
il sottostante sistema tecnologico e i protocolli di autenticazione che
costituiscono la grandissima innovazione introdotta dal Bitcoin e simili. E
così ecco che l’attenzione è passata dal Bitcoin alla blockchain, la “catena di
blocchi”: semplificando (molto), si tratta di una tecnologia che permette di
costruire una “garanzia diffusa” su tutti gli scambi – qualunque essi siano, di
valute, di documenti, di beni, di informazioni – che vengono effettuati
all’interno della catena.

Una certificazione condivisa

Come spiega Marco Loro, Associate Partner
di Pay Reply, la società del gruppo Reply
specializzata nei servizi di consulenza e piattaforme tecnologiche nei Mobile
Payments, «con il termine blockchain si intende il paradigma tecnologico
che permette di sviluppare applicazioni cryptocurrency-like; il modello si basa
sulla combinazione tra firma digitale e marca temporale (timestamp): la
prima garantisce che il mittente e il destinatario di un qualsiasi tipo di
messaggio (la transazione, per rimanere nel mondo dei pagamenti, ndr)
siano identificati in modo certo; il secondo permette che un insieme di
messaggi, validato apponendo la marca temporale da parte di un nodo o
“blocco” scelto casualmente grazie a un robusto modello matematico,
venga comunicato e scritto nel registro di tutti gli altri nodi della rete e
reso irreversibile». Si tratta, di fatto, di un database condiviso, privo di un
controllo o di una supervisione centralizzata, ma a “responsabilità (e
autorità) distribuita”. Cosa cambia? Tutto. Il principio secondo il quale per
avere la garanzia di autenticità non è più necessaria la certificazione di un
ente centrale (il notaio, il prefetto, se pensiamo per esempio alle votazioni
politiche; una banca centrale, per stare nell’ambito della monetica), ma
risponde a una serie di algoritmi condivisi e open source, cambia decisamente
il punto di vista, ribaltando un’enorme serie di meccanismi consolidati. Ecco
perché la blockchain, tecnologia giovanissima, è già considerato l’elemento che
aprirà una nuova era della rivoluzione digitale, così come lo fu l’invenzione
del www.

Secondo un Report
pubblicato da World Economic Forum
,
 entro il 2027 oltre il  10%del Pil mondiale riguarderà
attività registrate attraverso una tecnologia che si basa sui principi del
blockchain. Uno sproposito? Potrebbe addirittura essere una quota riduttiva, se
si guarda alla quantità di realtà e settori dell’economia che stanno guardando
con interesse a questa nuova risorsa. Il Salone dei Pagamenti dedicherà un ampio spazio di approfondimento e di discussione a questo tema
chiave per il futuro dei pagamenti.  

Dai telefoni all’Iot,
tutto è blockchain

Per esempio, è della partita
il principale operatore di telefonia francese, Orange, interessato alle
potenziali ricadute sui sistemi di pagamento attraverso i cellulari e i
dispositivi mobili in generale; il Nasdaq, la borsa dei titoli
tecnologici statunitense, ha affidato a un sistema blockchain la piattaforma
Linq, sulla quale vengono effettuati gli scambi tra privati. Ibm ha dato
il via al progetto Adept, con l’obiettivo di applicare la tecnologia blockchain
all’Internet of Things, partendo dal dato di fatto che l’Iot apre enormi
possibilità, ma è ancora fragilissimo dal punto di vista della sicurezza,
soprattutto quando gli oggetti trasmettono tra loro dati sensibili o
transazioni economiche (una prima sperimentazione sta avvenendo proprio in
ambito sanitario, nella gestione delle cartelle cliniche digitali e dei dati
sensibili in esso contenute). Il sistema di blockchain rappresenterebbe, in
questo campo, la quadratura del cerchio. Goldman Sachs ha investito 50
milioni di dollari nello sviluppo della blockchain, nella convinzione si tratti
di una tecnologia in grado di ridurre i costi. Un tema caldissimo in ambito
bancario e finanziario, tanto è vero che proprio questo settore è quello che
maggiormente sta cavalcando lo sviluppo e l’applicazione di questa nuova
tecnologia. Il Consorzio R3 Cev, citato
all’inizio, che raccoglie 40 tra i principali gruppi bancari del mondo,
sta avviando sperimentazioni legate alle transazioni governate da blockchain
tra le banche aderenti, sistema che risolverebbe i problemi di liquidità e i
ritardi che si accumulano nei momenti di punta delle operazioni. Ma
soprattutto, è stato calcolato che una diffusione della blockchain in ambito
interbancario e finanziario genererebbe un risparmio di oltre 40
miliardi di dollari all’anno, ovvero quanto viene speso per le attività di
processing finanziario.  

Il ruolo delle autorità regolatorie

Come ha sottolineato Alistair Milne, professore di Economia Finanziaria
della Loughborough University, intervenuto all’ultimo Business Forum
organizzato a Milano da SWIFT, dove il tema blockchain è stato centrale, «La
sfida di utilizzare il blockchain nei mercati finanziari non consiste solamente
nel dimostrare la fattibilità da un punto di vista tecnologico, ma anche nel raggiungere
una vera collaborazione
a livello settoriale per ridisegnare i processi di
business degli operatori. Il passaggio a un modello basato sul blockchain offre
l’opportunità di armonizzare tali processi all’interno del settore e potrebbe
anche risolvere molte delle storiche inefficienze del processing sul mercato
secondario. Tuttavia, per cogliere davvero i benefici del blockchain è
necessaria una piena adesione di tutte le parti in gioco, comprese le autorità
regolatorie». Siamo solo all’inizio, insomma.