Il boom della
Fintech è il fatto economico più rilevante del 2016 secondo il Forum di Davos.
Che si sofferma sull’utilizzo etico dei dati e sulla definizione di standard
che permettano di valutare e misurare gli impatti delle novità tecnologiche. La
tre giorni del Salone dei Pagamenti affronterà tutti questi aspetti …    

Di Giovanni
Medioli 

La Fintech,
l’evoluzione tecnologica nel campo dei pagamenti e delle transazioni
finanziarie, è uno dei fenomeni economici che presentano il maggior tasso di
sviluppo oggi presenti al mondo con investimenti globali che sono decuplicati
in quattro anni dai 2,3 miliardi di dollari del 2012 ai 4 del 2013 per salire a
12 nel 2014 e arrivare a circa 23 miliardi nel 2015. L’umanità sta investendo
come mai in passato in questo settore con enormi effetti positivi rispetto
all’aumento della competitività in campo finanziario e la possibilità di dare
accesso alla finanza a parti della popolazione mondiale che prima non la
avevano. Questo l’incipit dell’ultimo rapporto realizzato nel 2016 dal Forum
economico mondiale di Davos intitolato “Capire l’impatto dell’innovazione tecnologica sulla
stabilità finanziaria
” (clicca qui).
Come gli altri
report del Forum, sostanzialmente si tratta di un libro bianco che intende
mettere punti fermi su un argomento e “indirizzare” la discussione a livello
politico e dei media mettendo in luce opportunità e rischi di un fenomeno
globale. Già il fatto che il Forum abbia selezionato la Fintech come argomento
centrale per il 2016 è evidentemente un fatto molto rilevante: negli anni
ricordiamo che da Davos sono usciti rapporti molto discussi (a volte contestati
dai movimenti no global) su temi cruciali come la globalizzazione, la
competitività, l’ambiente, la disparità di genere fra uomo e donna, la
disponibilità di tecnologie informatiche, i rischi globali, le dinamiche
demografiche, il turismo, il commercio internazionale.  

Attenzione
a questi 6 rischi  

Se la Fintech
rappresenta un’enorme spinta propulsiva alla diffusione e all’efficacia dei
servizi finanziari, presenta tuttavia anche dei rischi. Il rapporto ne elenca
sei:
1.     crescita incontrollata di
fonti alternative di finanziamento
,
che certamente contribuiscono a dare uno stimolo all’economia in termini di
maggior accesso al credito e di disponibilità di capitali, ma non sfuggono ai
rischi tipici della bassa liquidità e dei crediti di difficile recupero;
2.     eccessiva
“elettronificazione”
dei mercati
che sfuggono sempre di più a qualsiasi controllo, con la creazione di aree
grigie che possono favorire non solo transazioni illegali (come, per esempio,
droga, armi, riciclaggio) ma rendono soprattutto impossibile monitorare gli
effettivi livelli di liquidità delle transazioni e il rischio di controparte;
3.     sicurezza dei dati, che sta esplodendo soprattutto per
molte aziende che trovano difficoltà sempre crescenti nel proteggere le loro
informazioni sensibili in mercati legati a transazioni elettroniche sempre più
veloci ma non sempre più trasparenti;
4.     rischio di interferenze
nella gestione aziendale
:
se la tecnologia da un lato rende possibile un livello sempre più accurato di
monitoraggio del comportamento di dipendenti e amministratori, dall’altro rende
i sistemi di gestione sempre più vulnerabili alla pirateria e ad eventuali
azioni di sabotaggio informatico;
5.     efficacia dei pagamenti. Ci sono casi in cui la solvibilità
della controparte rimane opaca fino a transazione avvenuta;
6.     ultimo punto critico: chi
svolge i controlli
? In base a quali norme? Qual è l’effettivo grado di
tutela giuridica di una transazione elettronica effettuata attraverso algoritmi
complessi con una controparte non facilmente identificabile?   

Le
indicazioni che arrivano da Davos  

In base a queste
preoccupazioni il rapporto elabora quattro raccomandazioni urgenti per evitare
i rischi messi in luce:
1.     promuovere un effettivo
dibattito su un utilizzo etico dei dati
, perché non è possibile che chi gestisce le tecnologie
possa impadronirsi di tutte le informazioni a cui ha accesso senza regole né
limiti al loro utilizzo;
2.     stimolare un dibattito
pubblico-privato sulla trasformazione
.
Che non può essere gestita solo dalle società (start-up o istituzioni
finanziarie che siano) che sviluppano le tecnologie ma che deve essere al
centro dell’attenzione dei legislatori e dell’opinione pubblica;
3.     definire standard che
permettano di valutare e misurare gli impatti delle novità tecnologiche
. Ovvero non farsi sorprendere dalla
tecnologia ma essere in grado di valutarne gli effetti con strumenti
appropriati;
4.     che le istituzioni si
facciano parte diligente per creare sistemi di misurazione e valutazione delle
nuove tecnologie
. In
sostanza, alle start up Fintech dovrebbero affiancarsi start up istituzionali
capaci di capire dove sta andando il mercato e come regolarlo.